La verità.
Che son mesi che mi frullano pensieri a riguardo, mesi di evoluzione, crescita. Mesi di silenzio, perché delle parole c'è un uso limitato nello spazio dell'aria. Mesi di cammino, che mai ho smesso di camminare, pure ora con la mia stampella. La verità mi sta lì, sotto la pelle. Un sangue che non si mescola coi fluidi, che sta in superficie come l'olio e alla prima ferita spurga senza ritegno, come solo ciò che è vero può fare.
Mesi che mi domando cosa voglia dire verità nelle emozioni, nell'autentico affetto. Quanto, alla fine sia tutto una farsa. Vero. Falso. Relativo. Se mi hanno indicata come relativista, non mi è mancato mai l'appellativo di esagerata, drastica. Vero. Falso. Sì. No. Quale colore prevale? Lo vediamo davvero? Lo creiamo nella nostra mente fino a convincerne? Tocchiamo davvero o ne abbiamo una sensazione vaga nei polpastrelli? Relativista. E alla fine la verità non è né l'una, né l'altra.
Quella storia che nessun esperimento possa essere privo dell'influenza dello sperimentatore, mi affascinerà sempre. Che succede dentro la scatola chiusa, finché la lasciamo com'è? Cosa rimane addosso nel dimostrare qualcosa, con la sola speranza che questo venga confutato il più tardi possibile?
Mi rendo conto. Pippe mentali. Passatempi per nullafacenti, per semiborghesi comunisti, che intrappolano la frustrazione di una società iniqua e pigra, nel sogno di ideali e altezzose speculazioni astratte. Che sono nulla. Che dissipano da sole, come col fumo fa il vento.
Ma la verità. C'è un luogo che la contenga? Un punto nell'anima in cui ci è possibile la resa? Un "mi arrendo, nient'altro da dire: questa è la verità". Pensavo che la tiriamo fuori, la nominiamo sempre, quando usciamo da una gabbia. Ci contengono così tante gabbie, che uno crede non ci sia fine e per me, invece, c'è.
La verità apre tutte le gabbie. Una ad una. Lentamente. Non le fa sparire, certo. Non le rende belle ai nostri occhi, le abbruttisce al punto da farci scegliere di uscirne. O di ritenerci degni di quella bruttura.
Le gabbie, la nostra storia, i nostri occhi limitati e spesso stanchi. Cosa può dare la verità a miliardi di individui diversi uno dall'altro che si mentono così volentieri?
La verità è che non lo so proprio. So solo una cosa. Che la devo aver incontrata da qualche parte, tra una bugia e l'altra. Tanto che l'ho confusa. Tanto che mille menzogne, poi, si travestono con la sua eleganza. Eppure l'ho incontrata. Ed ogni volta che l'ho vista. Sono cresciuta.
Non in altezza, evidentemente, se no sarebbe un dramma.
Ringrazio i miei occhi, le mie mani, le mie orecchie, ringrazio ogni mio fascio muscolo-scheletrico per aver retto la verità ed averla scelta. Abbracciata. Cullata tra le braccia e fatta loro. Ringrazio per il suo urlare muto e il picchiare sordo. E prego perché non scivoli via dietro i miei insulti.
Perché insultare la verità non fa altro che insultare noi stessi.