sabato 26 febbraio 2011

imprevisti

A volte mi salta in mente quell'attimo in cui mi abituo al viso di un amico, alla sua voce, alle sue espressioni e piccole manie. I gesti che lo caratterizzano, che all'inizio trovavo magari strani e buffi, dopo un po' acquistano un altro colore; non noto più certi particolari ma, all'improvviso, colgo il tutto sotto un'altra luce e inizio a guardare in modo diverso.
Come quelle volte che mi stupisco di quanto è Bella la persona che ho davanti e non ci avevo mai fatto caso. Proprio lì, in quel momento, in quella posizione. E non mi viene da dire nulla, perché c'è solo da rimanerne spiazzati e goderne. La bellezza che ti coglie così è davvero disarmante e supera i canoni estetici, li migliora, li rende indegni della realtà, molto più affascinante.

Vedere le cose è certamente piacevole, ma guardarle è tutta un'altra storia. Qui entra in gioco l'emozione, più o meno bella, di entrare a contatto e toccare le cose, con tutti i sensi. Ciò che amiamo, ciò che detestiamo, ciò che ci procura piacere, ciò che invece ci disgusta, tutto questo è quello che guardiamo, che tocchiamo e che sentiamo avvicinarci a noi profondamente. A volte questo ci piace, a volte ci ribelliamo. Altre volte le due cose insieme.
Ciò che voglio sottolineare è che, quello che si guarda davvero, finisce inesorabilmente per impastarsi con noi e con quello che vorremo farcene; i segni di quel contatto ci saranno sempre anche se, pure su quelli, potrà avvenire un cambiamento. Ma mai di annullamento. La rimozione stessa non cancella, ma dimentica.

Ne vale, dunque, la pena di sporcarsi le mani? Di guardare con curiosità tante cose, senza sapere bene se ci faranno o meno del male? Vale la pena rischiare di ferirsi pur di conoscersi? Perdersi per molto tempo, prima di ritrovarsi?

Per chi ha letto "Il piccolo principe", sa che in fondo la sua saggezza è fragile e piena di paure. Lui ha la curiosità di addomesticare, lui vuole imparare a farlo, lui si mette in gioco con la volpe e ne è felice. Ma quando deve ripartire è sempre lui a chiedere, triste: "Ma, allora, che ci guadagni?"

"Il colore del grano" risponde la volpe.

Io credo che ci sia una saggezza antica in quella paura sincera e in quella risposta serena.
Il valore non sta in qualcosa di nuovo, magico ed etereo, ma nel vedere in modo nuovo qualcosa verso cui eravamo indifferenti. Il guadagno sembra sempre stare in qualcosa di semplice, ma non previsto. Quell'emozione profonda che nasce dal contatto e che cambia il mondo.

14 commenti:

  1. Che bel post. Come ti ho già detto tempo fa, quando leggo i tuoi post mi sembra di leggere i miei stessi pensieri, solo scritti meglio! :)

    Quindi cominciamo bene direi!!!

    E' un po' che sto cercando la mia definizione di bellezza. Ce ne sono tante. O forse solo due. Di sicuro più d'una, per me.
    C'è la bellezza che si palesa subito, che non ha bisogno di spiegazioni, che è semplicemente armonia di forme e colori, che ti colpisce senza indulgenza e se ne fotte della tua razionalità.
    E c'è la bellezza che acquisiscono le cose nel momento in cui dai loro un senso. E' la bellezza di cui parli tu.

    Io sono bella in tutti e due i modi!!! XD

    Ne vale la pena, perdersi per molto tempo, prima di ritrovarsi?
    Sì, perché poi quel che trovi è la cosa più autentica che hai.

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  2. Ahah, Ste. Anch'io son bella in tutti e due i modi, per non parlare della nostra impareggiabile modestia ;)
    Ehi, notavo che ti ho scritto un commento più lungo del mio blog, ieri: non ho sentito l'applauso, né visto l'inchino.
    Sì, ne vale proprio la pena e ne abbiamo parlato spesso, ultimamente.

    Oh, ma se fa freddo oggi!!! A Bologna nevica e ad andare in bici mi stava per cadere la faccia. Fortuna che non è andata sotto le ruote, sai che macello?

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  3. Mi attira la semplicità, è sempre stato così. I vecchi sulle panchine, le barche di legno dipinte di azzurro sbiadito dal mare e i pescatori con le loro reti, il sapore intenso dei frutti che s'insinua nelle narici e le dilata. Hai provato mai a mangiare i fichi per strada? Un tempo era possibile, adesso non più. Li coglievi dai rami che si affacciavano sulla strada. Oggi lo chiamerebbero rubare - che orrore! - quello era soltanto un dono della terra che allungava un braccio per farti felice. Mio nonno montava il cavalletto sulla collinetta di Procida e ci piazzava su una tela, poi dipingeva quello che vedeva, e tutto diventava poesia. Devo andare. O voglio, non lo so. Il post è stato gradito, il lettore ringrazia e benedice la tua nuova casa.

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  4. Per mangiare i fichi mi arrampicavo direttamente sull'albero che si affacciava alla strada. Restavo delle mezzore a ridere, chiacchierare e mangiare. Da lì tutto era diverso, il gusto dei frutti non so se era buono più per via della dolcezza o per come vivevo tutto l'evento.
    Grazie mille della tua visita e benedizione, anche loro giungono molto gradite, lettore! A presto.

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  5. Vedere le cose è certamente piacevole, ma guardarle è tutta un'altra storia ... aggiungerei che osservandole con attenzione e pure con un poco di discrezione (che non guasta mai) si puo imparare molto ... ;)
    anonimo_f_2
    (da altri lidi)

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  6. Ciao Anonimo, ben trovato! Eh sì, come si dice: non rubare mai, ma impara osservando, ruba con gli occhi!
    Devi trovare al più presto un modo per linkare anche qui ;)

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  7. AHAHAHAH. Luce imbecille dei miei occhi.. mi illumini la giornata?? :D

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  8. Sì. Era una domanda retorica, del tipo "che fai?? (con la tua deliziosa offesa) mi illumini la giornata??" but, you know.. the cat came back the very next day, the cat came back, we thought he was a goner.. MIAO.

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  9. Tanti cari saluti da Maria, anche!

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