sabato 24 dicembre 2011

Risvegli

Centro Commerciale brulicante di zombie. Piccoli zombi adibiti ai colori e ai giocattoli, zombi urlanti che li inseguono, zombi al lavoro per altri zombie, zombie che fingono che nulla esista, ma solo loro e la loro vittima da afferrare tra le mani stanche, ma decise. Zombie che tirano un carrello di scatoloni. Zombie che si scontrano come birilli. Zombie che mugugnano segnali di rito. File di zombie che non si uccidono a vicenda solo perché non sta bene e stanno ordinati e in silenzio, ma pronti a ribollire come una pentola di fagioli non appena ce n'è l'occasione.
Zombie che ignorano i tentativi di comunicazione degli esemplari più svegli che stanno tramando una ribellione. Esemplari rari e di vita breve, che finiscono per ritirarsi nel loro cantuccio, ritenendosi sbagliati. Errori del sistema. Sistema zombie, perfetto. Inattaccabile.
Ci sono dentro e sonnecchio camminando tra gli scaffali, come gli altri. Solo che son lì per guardarli, mi piace osservarli, vederli sotto quel torpore che puzza di soldi e di dare per avere. Ancheggio come loro. Sonnecchio ad occhi aperti e cerco disperatamente un barlume di risveglio che non sia solo mio. Che sia condiviso. Che occhieggi al mio cuore. Un cuore in uno zombie, come passerà il suo tempo in attesa che gli venga richiesto di battere ancora?
Alzo gli occhi:

CHI SI APPROPRIA INDEBITAMENTE DELLE MERCI,
VERRA' DENUNCIATO.

Un cartello sovrasta le casse e le teste di noi, esseri vaganti. Sovrasta le luci e le merci e il pensiero compresso, il desiderio destato e quello assopito. Leggo una volta. Mi si accende una domanda:  
che succede a chi si appropria indebitamente della coscienza di una persona? 
Abbasso gli occhi. Resto immobile in mezzo alla corsia. Incredibilmente mi scansano senza calpestarmi. La lotta diretta sembra non esistere più. Si fa prima ad ignorare chi ignora il sistema. Chi si accorge che può farlo. Rileggo, due, tre, quattro volte. Sorrido.
Vorrei prendere una scatola di pasta e correre fuori, un cioccolatino, un'illusione qualsiasi di quelle esposte. Mi vien la voglia di rompere il gioco, di cambiare le regole e restare a guardare la denuncia che nasce, le ragioni a sostenerla, gli zombie che la giustificano. Vorrei guardarli negli occhi vuoti, prender loro le mani fredde, portarle al mio petto, far sentire che il cuore batte. Il mio cuore batte. E il loro?


La Vigilia di un altro Natale. Che sento tra le viscere in un modo particolare, unico, come un risveglio vero dopo molti anni. Di discorsi che lasciano il tempo che trovano ne ho sempre fatti. Però questa volta è diverso. Niente malinconia, niente incontenibile scemenza dettata dall'atmosfera fittizia che ci vuole diversi e rassegnati, fintamente sorridenti. Son realmente serena. Per quel che vale, per quel che vuol dire. Niente. Non vuol dir nulla. Vuol dire che potrei essere laureata e ancora non lo sono, sistemata - se questa parola ha un significato concreto e non menzognero come credo - potrei essere lontana, altrove. Potrei fare altre cose, sottostare ad altre leggi, piangere e ridere per altre persone, affezionarmi a qualcuno in modo diverso, più accettabile e meno onesto, meno cristallino.
E invece non mi sento in trappola, non mi sento perduta e non mi sento che in cammino. E guardarmi camminare come uno zombie non mi porta più rabbia, ma stupore. Perché? Perché camminavo senza ascoltarmi i passi, senza sentire i vestiti scaldare la pelle, il sole allungare le ombre, trasformandole, occupandole? Perché mi preoccupavo tanto di non fare la scema fuori dal mio recinto sicuro? Perché preoccuparmi di rimanere sola?

Ho alzato lo sguardo oggi e mi son sentita libera di farlo. E lo ero anche prima. E lo siamo tutti. Chi con più fatica, chi non merita altro peso sulle spalle, certo, altri soldi da tirare fuori. Ma siamo liberi di non discutere più con noi stessi. Più. Ho scelto l'altra via. E così accorgermi di fare lo zombie tra gli zombie, in questi giorni freddi, intirizziti, mi fa dire che ci dobbiamo riposare, dobbiamo chiudere gli occhi per riaprirli. Non possiamo pretendere di tenerci sempre pronti, sempre all'erta, sempre timorosi che qualcosa arrivi e ci spezzi. Ciò che arriva non ci spezza, è la nostra resistenza a farlo, la nostra paura, le nostre aspettative di bimbi che non trovano sotto l'albero ciò che hanno chiesto e non si accorgono di quanto è magnifico l'albero che hanno costruito con le loro mani. Sembra così poco, così banale. E non lo è, non lo è nessuno. Siamo così belli quando ci prendiamo per quel che siamo. Anche con le occhiaie e le rughe e i segni del pianto, le cicatrici. Una risata buffa. Quanto siamo più belli quando siamo e basta. Senza maschere. Ci si fa anche male, certo. Si perde qualcos'altro, indubbiamente.
Ma guardavo e continuo a guardare. Quanto più belli siamo.

Buon Natale! Auguri di cuore a tutti voi.

8 commenti:

  1. Ma tu, quanto bella sei, piccolina?

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  2. Ma quanto mi vezzeggi, Espe? :))) Un abbraccio!

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  3. mi piace sempre ciò che scrivi, come lo scrivi.
    Apri squarci, costringi alla riflessione.
    basin bellissimo mostriciattolo.

    marianna

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  4. non (ri)svegliare il zomb che dorme... si stranisce, magari ti morde e tramuta in zombie pure a te

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  5. Niente paura. Mi inquietano di più i dormienti degli straniti che si stanno svegliando! :)

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  6. Bonjour ! Bonne année !

    Non far trovare sotto l'albero ai bambini cio' che desidererebbero, è una crudeltà. La vita è crudele e per molti spietata, bisogna solo decidere per chi puo' quando togliere dai loro occhi il velo di Maya per mostrare loro la verità. Pero' trovo comunque una cattiveria. E' come quando mia nonna diceva se fai la buona Gesu' Bambino ti porta...ed io già pensavo a quei bambini i cui genitori non potevano a come si sentissero, come se ricevessero davvero una punizione pur essendo stati buoni da Gesu' Bambino. Una mostruosità!

    Et sinon, ça va ?

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    1. Francesca! Buon anno a te, di cuore! :) I bambini meritano di trovare quei doni lì sotto e anche noi dobbiamo concederceli e accoglierli. Qui non parlavo di regali e bambini, ma di adulti. Stanchi, che tornano bambini però si rassegnano a smettere di sognare, sapendo di metterceli loro, quei regali. Magari non riescono a guardare oltre, alla magia che creano solo con la loro presenza e le parole, gli sguardi. Ecco, di questo parlavo: non vale la pena di smettere di sentire la magia, di ascoltare e sentirsi meravigliosamente bene solo ridendo tra amici. Non credo che serva qualcos'altro dall'esterno per farci luccicare. Non è sempre necessario. Ad i bimbi, i loro regali, a noi lo sguardo per renderli speciali invece che costosi. Un abbraccio!

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