domenica 18 settembre 2011

cocci di un giullare

Mi son rotta.

E i cocci sono miei.

Mi son rotta, spezzata, frantumata mille volte. Ricostruita e incrinata ancora lungo le stesse fessure fragili, che a stento la colla dell'ottimismo teneva insieme.

Quand'ero piccola ho corso tanto, senza ben capir per dove,
ma arrivavo sempre prima e aspettavo nuove prove.
Qualche volta è capitato di far viaggi un po' per niente,
ma così ho poi imparato ad amar di più la gente.
Caduta, qualche volta, fatalmente sull'orgoglio,
ho rischiato d'imparare sol facendo quel che voglio.
Tanti amici hanno riempito quel distacco che sentivo
con il mondo di quei grandi che, fortuna, non capivo.
Ed ho usato male il cuore, credo poi, per molto tempo,
forse barricando troppo quello che ci stava dentro.

A volte scontrosa o solo un po' superficiale,
dolce che proteggermi veniva naturale
ottimista ingenua o altezzosa, non lo so,
ma ho ferito con la faccia
a cui non si dice no.
Lo devo aver fatto
e per questo io tacevo,
sulle cose che sporcavano
il posto a cui tenevo.
Non c'ho mai creduto
che il mondo fosse pulito,
ma in fondo lo speravo
che l'avrebbero guarito.
 
Poi la vita si è destata ed ho provato anche ad amare,
con quella leggerezza di chi proprio lo vuol fare.
Abbandoni, negazioni e pure qualche diamante
a ricordarmi che in fondo non è così importante:
con certi amici va bene e con altri va male,
alla fine poi conviene sentirsi un po' speciale?
Domande a centinaia sono impazzite dentro,
in un posto che non so se si trova ancora al centro.
Crollava l'illusione che altri potessero capire
e la voce, intanto, si spegneva per non dire.

Quanti anni son passati a rincorrere un assenso,
con la rabbia nel sentirne volare via il senso.
E si prega terra e cielo e chiunque stia vicino,
quando senti che sei solo, ma soltanto un ragazzino.
Dicono che la musica liberi anche gli animi più inquieti,
ma i pensieri e le domande in me restavano consueti.

Il principe azzurro inconsciamente una aspetta di trovare
e poi invece la realtà ti tocca d'incontrare.
Beninteso, lo so certo, e non è affatto deludente
ritrovarsi tra le braccia di chi ama senza ch'hai fatto niente.
Non lo so cos'è accaduto, cosa dentro si è incrinato,
so che quel che avevo dopo un po' non è bastato.
Le domande, vecchie amiche, non mi han mai abbandonata
e la vita che ho scoperto poco a poco mi ha cambiata.

Ed ancora ci son giorni che finisco per pensare,
che tutta questa struma sia un errore da aggiustare.
Tempo perso e paranoie mi han legata all'impressione,
che di soffrire così tanto non ce ne fosse una ragione.
Il ritardo è poi il dilemma di una che correva tanto,
per accorgersi, alla fine, che la gente amava accanto.
E l'indipendenza è quel traguardo che sentivo già all'inizio,
sembra strano ma l'Amore mi ha lasciato quest'indizio:
che paure o non paure da sola mi conviene fare,
e che quando son serena tutto quanto posso amare.

Poi mi prende quella smania, quella voglia di giocare,
che mi spinge a venir fuori e lasciarmi accarezzare
che mi fa ridere di gusto con lo sguardo di un bambino
sentendo che scavare a fondo è sempre stato il mio destino
e la gente che ho incontrato, c'è chi non resta e chi rimane,
ma alla fine tutta quanta io mi sento d'abbracciare.

2 commenti:

  1. Deh ma questa tu la chiami filastrocca? C'è tutto: l'incanto e il disincanto, risposte esatte smentite da nuove domande, il bisogno degli altri e l'amore per se stessi, la vita! Ma in effetti nella vita non c'è altra maniera per tenere insieme i cocci: cappello da giullare e rime, e via andare.

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  2. Ma non è che ci tocca proprio scegliere le cose per noi più importanti e imparare a riderci su e a pagliacciarci? Magari è proprio così. E via andare.

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