lunedì 31 ottobre 2011

Yawp!

Sarà che son cresciuta col piccolo principe e la sua rosa arrogante e fragile, che lui ama alla follia nonostante sia così egoista ed insincera. Ma è facile che quando non penso, che quando la mia mente è sgombra, io finisca per pensare qualcosa di facilmente riconducibile a "L'essenziale è invisibile agli occhi".

Pensavo ai "gesti dell'amore". Quelli che, nei film e per l'educazione ricevuta, ti dovrebbero far capire dove c'è amore e dove no. Insomma dovrebbero facilitare la strada: notare la galanteria, sentirsi dire certe parole usate ad hoc, l'immagine dell'uomo/la donna ideali, i fiori, i regali, l'assecondamento delle aspettative.
In parte tutti sanno che sono clichés. Tutti. Eppure sembrano più rarità, quasi regali difficili da trovare, ma che se uno ha culo, SBAMMM, si becca il pacchetto completo ed è per sempre felice e contento. Come se i grandi non fossero che bambini cresciuti e sfortunati, perché la loro favola si è rotta e il loro cuore rimarrà sempre là, spezzato ed angustiato, mentre la testa si ripeterà che è colpa di qualche categoria, che il mondo va male e che la vita è difficile. Ma da qualche parte quel cinismo, quella rabbia avvilita, si riconduce a quelle favole che li hanno imbrogliati. Anzi, convinti. Convinti che in fondo potrebbe essere andata meglio, ma non l'ha fatto per sfortuna, per caso, perché niente è perfetto, ma... magari per qualcuno.. magari un giorno.

Più mi ostino ad ordinare la mia camera e più il mio intento non è finire di sistemarla, ma rendermi conto di quante cose, qui dentro, non dovrebbero esserci. Sono andate, non mi appartengono, non le ho volute o non le voglio più, sono appassite.
Ed è così. Ci si innamora tramite tante cose, che ognuno cataloga in gesti e segni che ci definiscono. Un libro è solo un libro. Ma poi lo tocco, lo sfoglio, l'annuso e magari lo consumo e lo divoro e mi piace o lo detesto, ma spesso continuo a credere che sia il libro il punto. Il libro è già passato, è dentro. Rileggerlo sarà ancora diverso. È quello che ogni volta passa o non passa, che stravolge le cose.

Mia nonna aveva un orto pieno di fiori, magnifici. Vederla curarli con l'affetto che si riserva ad un figlio era uno spettacolo commovente. I gesti sicuri, la pazienza, la curiosità, l'attesa. Tutto era un rito e fiorivano meravigliosi. Puntualmente coloravano i miei pomeriggi passati  tra il cortile e la casa e non mi rendevo nemmeno conto del ricambio. Sì, perché nonostante tutta la cura del mondo, in breve tempo sfiorivano. Ho ricevuto molti fiori e sono tutti sfioriti, appassiti. Hanno vissuto il loro tempo e probabilmente anche meno di quel che avrebbero potuto restando ancorati alla terra.

È così bello e necessario toccare le cose, giocarci, personalizzarle, apprezzarle. Però sempre si consumano, sempre. Forse crediamo che sia necessario tenerli con noi, fino a che non capiamo che non servono quegli oggetti. Serviamo noi, con loro. Serve che ci trasmettano qualcosa, che prima di appassire profumino, ci facciano capire quale parte di loro si insinuerà in noi per sempre. Come la favola. Ed è fondamentale capirlo.


Non per sempre servono i fiori. La bellezza sfuma e cambia, la guardi e già non c'è più. Ciò che resta è quello che è cresciuto dentro, in quello sguardo che ha colto l'attimo per amare quello che vedeva.

2 commenti:

  1. Tutto ciò che ci emoziona semina qualcosa dentro la nostra anima... dobbiamo avere cura di scegliere bene le emozioni da far crescere.

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  2. Tutto ha la libertà di crescere. Per cui, sì, sta a noi prenderci cura di più delle emozioni che ci fanno star bene e che fanno per noi.

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