Amigos! Finita quasi l'estate e resto qui a
stupirmi.
Naso all'insù come facevo da bambina. Ma anche sguardo a terra se no poi si inciampa, da brava camminatrice in montagna. E un occhio agli altri, che ci sono anche loro e uno allo specchio per assicurarsi di non aver raccolto, col viso, pensieri troppo evidenti.
Non è per quello che l'estetica è così in voga? Non ci si guarda un po' per tenere tutto sotto controllo? Osservando quel che vedono gli altri di noi, quando in realtà guardano, ma vedono tutt'altro con i loro occhi? E non si evita di guardare per paura di non amare quel che si vedrà?
Non per niente noi occidentali abbiamo fama d'essere rammolliti, perduti e un po' vuoti di noi, riflessi di una società depressa, in tutti i sensi. Affondata. Appesantita dalla tristezza, nella sua superficialità. Ci viene venduta a caro prezzo una tristezza a cui rispondere con un sorriso forzato, che non sale neanche più alle labbra e quindi, consumato quel leggero torpore della malinconia, è nato il commercio dei rimedi inefficaci e placebo a quel magone inutile, che non ci appartiene, non è il nostro, ma a volte lo teniamo stretto lo stesso.
Va' a murì ammazzato. Eh. Vaccacane!
Un'estate strana, questa. Ho smesso di guardarmi con lo stesso sguardo, l'ho addolcito, forse, e questo deve avermi messo in faccia segni di sereno e selvaggio, non so. Tipo quando guardi un gatto, che magari ti scruta serio, ma non ti senti giudicato, ti mostra la sua natura elegante, la sua voglia di coccole o la sua rabbia, ma in quel modo bello che solo la natura sa creare.
Avevo accantonato l'idea che l'uomo è un animale. Quelle cose che son dati di fatto, ma poi l'esperienza può far pensare che le eccezioni siano più delle regole. Probabile. Ma l'essere umano rimane un animale. Ho messo via, in un colpo solo, l'idea di uomo come puro istinto senza responsabilità, ma soprattutto quello di essere umano pensatore a miglia di distanza dalla natura. La sua natura. Nel mio cambiamento c'è stato un salto nel vuoto che non solo mi ha spettinata, scomposta e ricostruita in volo, ma ha anche magicamente cambiato molti sguardi intorno a me. Verso di me.
Non mi importa più molto di sapere il perché preciso di tutto questo. Forse non ne esiste uno solo, né capirò mai totalmente quel meccanismo magico per cui inizi a voler bene ad una persona proprio per quello che è e nient'altro. Non volendo altro che accompagnare i suoi cambiamenti, accarezzarli, scuoterli, affondartici dentro e sentire l'esigenza di riallontanarti, creando dinamiche uniche e indescrivibili, a volte. E succede sempre in un modo che non ti aspetti, ma che diventa parte di te. Non mi importa più.
Un annetto fa mi guardavo alcuni video, a base scientifica, secondo cui noi possiamo veramente decidere molto di quello che siamo, anche a livello fisico. Perché, se è vero che siamo fatti di proteine e geni, siamo comunque noi a influire su di essi e non viceversa.
In genere quando uno si convince di una cosa del genere, finisce per fondare un nuovo culto e perdere di vista la realtà. Fortunatamente sono guardinga e graduale e credo di aver capito bene cosa intendesse il medico che parlava, col fatto che dipende solo da noi.
Ovvio che a capirlo ci ho messo il mio tempo. La percezione iniziale, nata in me tempo fa e che ho accettato, è che lottare contro corrente sia inutile. Parlo di corrente come Vita, Natura.
[Contro la corrente di molte mentalità comuni e retrograde resto in direzione ostinata e contraria, naturalmente!]
Ma non perdiamoci.. mi è stato sempre più evidente, in modo concreto, di quanta energia frantumassi contro onde enormi a cui non potrò mai far fronte, perché non dipendono da me, ma lì in mezzo, ci sono anch'io. E questa idea dell'impotenza in mezzo ad un oceano di Vita mi deve avere inquietata parecchio, perché per molto ho boccheggiato per non annegare.
Poi.
Bonaccia.
Improvvisa? Costruita? Gentilmente concessa? Non lo so.
A quel punto iniziavo ad agire io.
Si è sgretolato un mondo fittizio, certezze di cartone, pensieri a spirale che finivano per ferirsi da soli, aspettative sleali. Le aspettative. Sì, quella sensazione che avevo sempre di ipotizzare quel che sarà in almeno cinque o sei modi diversi, come le storie a bivi su Topolino. Sensazione di eterno tunnel da percorrere, in cui disperarsi e arredare per non uscirne pazzi. E invece non c'era nessun tunnel. Macerie. Polvere. Tosse e buio.
Il buio, che in modo così sottile può spaventare.. ma, a conoscere la teoria dei colori, ci si domanda se il colore sia la vera essenza delle cose o solo un rilfesso di quello a cui permettono o meno di penetrarle.
E, secondo me, le persone sono un po' così, con la sola differenza che possiamo
scegliere il nostro colore, decidere se assorbire tutto, come spugne matte che rimangono intrise di nero pesante e denso. Possiamo scegliere di riflettere tutto, di dare a chi nulla e a chi molto, di lasciarci sfiorare dal colore degli altri, di sfumare, accecare,
perderci in un miscuglio di energia che ci rende vitali o impotenti a noi stessi.
Con quanti mulini a vento mi son vergognata di combattere quando, poi, ogni disfatta si è rivelata una vittoria.
Così, nell'ultimo periodo, non c'è stato spazio per la paura, per l'amarezza e lo stordimento. Né per diffidenza e rabbia o anche solo per uno sfogo stanco. C'è stata allegria, ironia. C'è stato silenzio nella stanchezza. Riposo e anche volontà di usare energie nascoste e potenti. Voglia di ascoltare, di ridere e guardare dritto negli occhi. Di mangiare di gusto e di gusto amare. Sete. Di acqua e curiosità. Di giocare senza timore di sembrare bambina. Di pensare con la bellezza di essere ancora una bambina.
Ciò che è certo è che questa sensazione di pace sfumerà in fretta. Tra la tesi che stringe la gola e il senso di fallibilità che tende sempre ad ingrigire ciò che vedo e sento in me, spegnendo un po' lo stupore e la bellezza di non dover rincorrere qualcosa per trovarlo e goderne, insinuando quell'ansia di aver perduto l'unico attimo utile per conquistarlo.
Eppure qualcosa è cambiato.
Sento distratta una notizia al Tg, che dopo settimane di astinenza dalla stupidità, mi scorre addosso senza nemmeno farmi incazzare. Sento:
"La pigrizia è scritta nei geni,
non è colpa tua se non riesci ad essere attivo!"
E sorrido e mi domando quando ci siamo persi così, a trovare in noi stessi le scuse per non conoscerci, per non sfidarci ad essere migliori. E non mi rattristo, non mi arrabbio. Mi intenerisce vedere i bicchieri d'acqua in cui mi perdevo e che solo ora riconosco come tali. Mi intenerisce perché ci cadrò ancora. Però ci cadrò con la mia faccia e i miei pensieri e il mio corpo e le emozioni che, senza dir niente, si insinuano ad accelerare il cuore e pompare sangue in ogni dove, per urlare con discrezione che la Bellezza c'è. C'è.
Comunque sia.